lunedì 4 dicembre 2017

ASSASSINIO SULL'ORIENT EXPRESS - UN CAST STELLARE PER IL REMAKE




Un remake del celebre film, tratto dal romanzo di Agatha Christie, che si avvale di un cast stellare. Un film dei bei tempi quando non c'erano ancora le guerre stellari e i mostri extraterrestri. Ci sentivamo più tranquilli: meno incubi e angoscia.

Poirot con i suoi enormi baffi a manubrio è molto rilassante nonostante si occupi sempre di omicidi. Non può esimersi, visto che è il migliore investigatore, come egli stesso, immodestamente, ammette.

Siamo negli anni Trenta e Poirot, atteso da un importante appuntamento a Londra, si mette in viaggio sull'Orient Express, partendo da Istanbul. Per Poirot, la colazione è un rito. Mangia sempre due uova che però devono essere simmetriche per essere di suo gradimento. Lo vediamo all'inizio, nel suo lussuoso albergo, a Istanbul, dove un ragazzino corre a prendere altre due uova se le prime non sono simmetriche.  


Durante la colazione in treno, viene avvicinato da Mr Ratchett, un americano che ha ricevuto un biglietto di minacce e teme per la sua vita. Questi vorrebbe avere Poirot al suo servizio perché gli protegga le spalle e offre una notevole cifra, ma a Poirot questa persona non piace (e con ragione, come si vedrà!).


Il treno viaggia celermente in mezzo a montagne innevate, ma ad un certo punto succede un imprevisto: una valanga precipita sulla locomotiva, bloccando il treno. Ma c'è anche un altro imprevisto: Ratchett viene trovato ucciso! Mister Bouc, il direttore del treno, chiede al celebre investigatore di risolvere il caso, temendo la polizia e lo scandalo.  Poirot, trovandosi sul luogo del delitto, non può certo rifiutare. 

Ci sono tredici passeggeri, tutti sospettati, che devono essere interrogati. Inizia così una indagine, cche avrà una conclusione sorprendente.

La caccia agli indizi è molto fruttuosa: Poirot ne trova tanti: troppi!

Alla fine si scopre che, nell'assassinio, tutti hanno avuto un ruolo!


Alla fine, Poirot decide di non rivelare la verità e di fornire una versione falsa!




























HERCULE POIROT


















MISTER RATCHETT









CAROLINE HUBBARD












LA PRINCIPESSA RUSSA NATALIA DRAGOMIROFF











LAS SLAVINA














Kenneth Branagh, oltre a essere il regista, sceglie per sé il ruolo di Hercule Poirot. Johnny Depp è Samuel Edward Ratchett.







CITTA' TOCCATE

ISTANBUL



La moschea blu





Santa Sofia







SOFIA



La cattedrale

CC BY-SA 3.0, https://commons.wikimedia.org/w/index.php?curid=191798









BELGRADO

Belgrado si trova alla confluenza del Danubio e della Sava, dove il territorio della Penisola Balcanica incontra la Pannonia. Ha una popolazione di 1.230.000 abitanti.

Belgrado fu conquistata dai Turchi nel 1521. Successivamente, nei secoli XVI e XVII fu più volte conquistata e perduta dalla Casa di Asburgo. Nel 1841 fu definitivamente liberata dal dominio turco e divenne la capitale del Principato di Serbia, che nel 1881 divenne Regno di Serbia.

IL PERCORSO



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lunedì 23 ottobre 2017

AMMORE E MALAVITA - IL NUOVO FILM DEI MITICI FRATELLI MANETTI


Il David per il miglior film va al musical dei Manetti Bros “Ammore e malavita”, rivisitazione in chiave comico-grottesca di una Napoli che può permettersi di prendere in giro la camorra. La migliore attrice  non protagonista è Claudia Gerini, dark lady in “Ammore e malavita”,
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Ritornano i mitici fratelli Mainetti con un film che è  un caleidoscopio  di invenzioni e un intreccio di generi. Si tratta di un film di malavita o forse è un musical? Ma c'è anche una storia d'amore! Il film è tutto questo insieme, ma anche di più! Il tutto è tenuto insieme dal culto della "napoletanità", dalle immagini della miseria, ma soprattutto delle bellezze di Napoli. Si comincia con una visita alle Vele di Scampia di un gruppo di turisti americani in cerca di emozioni. C'è anche uno scippo. Una emozione straordinaria pagata solo 130 euro! Poi vedremo anche Posillipo, il rione Sanità e il porto di Pozzuoli. Poi ci sono le tante riprese dall'alto, che ci fanno vedere spesso la Galleria re Umberto! 


E' dura la vita di un boss! Ne sa qualcosa don Vincenzo Strozzalone, "il re del pesce"! Braccato dalla  polizia, oggetto di feroci attentati da parte dei boss rivali, è stanco e vorrebbe mettersi a riposo! Quando si sparge la notizia infondata della sua morte, viene alla moglie Maria Strozzalone  l'idea di sfruttare l'occasione. Donna Maria è appassionata di cinema e ricorda di avere visto storie di questo genere. Perché non ritirarsi dagli affari e godersi la vita, lasciando tutto ai subalterni Ciro e Rosario? In fondi i soldi accumulati sono tanti, sufficienti a vivere di rendita. Serve solo un cadavere, somigliante il più possibile al vero don Vincenzo. Se c'è una cosa che non manca mai a Napoli e anche nel film sono i morti ammazzati.  Se serve, si possono anche produrre su misura. Un commesso di negozio ha la sfortuna di assomigliare come una goccia d'acqua a don Vincenzo e viene scelto come sostituto  nella bara. Infatti, ormai rinchiuso nella bara intona una disperata canzone: "Ma io che c'entro? Io mi chiamo Marco e non Vincenzo. E tutti questi venuti per il funerale, io mica li conosco. C'è senz'altro uno sbaglio" Fatica inutile! Troppo tardi!


Il piano di "sparizione" di don Vincenzo sembra be architettato, ma si verifica subito un problema, perché l'infermiera ha visto che è vivo: quindi le notizie della morte sono false! Nessun problema: basta tapparle la bocca. Ciro e Rosario vanno alla ricerca della infermiera, ma qui c'è un imprevisto. Ciro scopre che la infermiera è Fatima, la ragazzina che giocava con lui ed è  il suo grande amore. Si può uccidere il proprio amore per obbedire al capo? Certo che no! Non solo! Bisogna anche proteggerla! Così Ciro si mette contro don Vincenzo e tutto il clan ed inizia tutta una serie di inseguimenti e ammazzamenti.


Fatima viene affidata a uno zio, perché la tenga nascosta. Ma questa di stare rinchiusa non ha proprio idea. Per sfuggire alla caccia che le danno, avverte la Polizia che don Vincenzo è vivo e vegeto e rivela loro il luogo dove si nasconde. Così la Polizia fa irruzione e arresta don Vincenzo, proprio mentre si sta celebrando il suo funerale. Donna Maria si esibisce in una scena di disperazione e di pianto, degna della migliore sceneggiata napoletana. Nemmeno la madre e la sorella che sono veramente addolorate, perché ignorano la messa in scena, possono competere con lei. Ma la Polizia arriva anche qua a prelevare donna Maria.

Le buone idee sono contagiose ed anche Ciro pensa di mettere in scena. Con tutti gli uomini che ha ammazzato, sarebbe sempre inseguito da qualche vendicatore. Per non parlare della polizia!



Alla fine vediamo Fatima e Ciro in partenza per Honolulu. Si troveranno bene. Metteranno radici. MA NON E' NAPOLI!











FATIMA






















IL FUNERALE



"Voi assomigliate tanto a mio marito"











IL GRANDE AMORE
















DON VINCENZO










ROSARIO











REGOLAMENTO DI CONTI














GLI INTERPRETI




Serena Rossi interpreta Fabiola





Giampaolo Morelli è Ciro




Claudia Gerini è la moglie di don Vincenzo





Carlo Buccirosso è don Vincenzo Strozzalone, "il re del pesce"





I mitici ManettiBros, i registi





Il trailer è:
https://www.youtube.com/watch?v=9HMd5SGOUyE


Il primo clip è:
https://www.youtube.com/watch?v=gW2s50a0SYU


Vedere anche:





venerdì 20 ottobre 2017

IL PALAZZO DEL VICERE' - TRAGEDIE ALLA PROCLAMAZIONE DELLA INDIPENDENZA INDIANA


14 milioni di indiani sradicati e un milione di morti! Sono questi i tragici numeri che accompagnarono la indipendenza indiana. "La storia la scrivono i vincitori". Questo è l'incipit del film e ne sintetizza lo spirito. Un film polemico, dunque. Ma è tutto così semplice? Bisogna ritornare indietro alla storia dell'India per capire (Vedere in allegato). Certo se si crede nella bellezza della società multiculturale e multirazziale, la storia è meglio lasciarla da parte!

La decisione britannica di rinunciare al governo dell'India porta alla indipendenza del paese nel 1947. Per gestire questa delicata fase di transizione viene scelto Lord Mountenbatten con la carica di viceré. Il problema, a cui si trova di fronte è la inconciliabile avversione tra musulmani e induisti che si rifiutano di vivere pacificamente in una stessa nazione, nonostante gli sforzi disperati di Gandhi per tenere unito il paese.  Il leaader musulmano Jinnah teme che, in uno stato a maggioranza induista, i musulmani saranno discriminati.

Si arriva alla così detta Partition che sfocerà in una grande tragedia con stragi e trasferimento di masse di popolazione. La Gran Bretagna non ha la forza militare per separare i contendenti ed ha una maledetta fretta di abbandonare questo ginepraio. Mountainbatten scopre di essere la inconsapevole pedina di un accordo, precedentemente ordito da Churchill con il leader musulmano Jinnah. Nehru tende a flirtate con l'Unione Sovietica ed è necessario un contrappeso.

C'è spazio anche per una storia d'amore: due innamorati divisi dalla diversa appartenenza etnica che alla fine riusciranno a coronare il loro sogno di amore.

















IL VICERE' MOUNTENBATTEN E LA MOGLIE EDWINA



























IL MAHATMA GANDHI
















JINNAH



















Jinnah



Nehru (di spalle)



UNA STORIA D'AMORE

















Mountbatten è splendidamente interpretato da Hugh Bonneville  ed è bellissimo il ruolo della moglie Edwina affidato a una convincente Gillian Anderson. 


Gurinder Chadha  ha una visione politica e usa il film come atto di accusa contro la Gran Bretagna che, con la Partition, fu, a suo avviso, responsabile delle tragedie.


UN POCO DI STORIA



da "Storia dell'India" di Stanley Wolpert


"L'India rimase beatamente ignara della esistenza dell'Islam nei primi due decenni della vigorosa crescita della nuova fede. I mercanti arabi portavano comunque dall'Asia meridionale ricchezze sufficienti  a stimolare gli appetiti dei guerrieri musulmani, appetiti che non tardarono a trasformarsi in collera, quando navi mercantili musulmane vennero attaccate dagli abitanti del Sind. L'arabo che comandò la prima spedizione islamica in India  riferì nel 644 al proprio califfo che "l'acqua è poca, la frutta è scadente, i predoni audaci; se si mandano truppe scarse, saranno trucidate, se ingenti moriranno di fame". Questa valutazione pessimistica rimandò ulteriori tentativi di conquista musulmana fino al 711, quando, per il piratesco saccheggio del ricco carico di una nave araba alle foci dell'Indo, il governatore ommayade dell'Iraq si infuriò al punto da armare, contro i raja del Sind, una spedizione forte di seimila cavalli siriani e altrettanti cammelli iracheni. L'esercito arabo conquistò rapidamente Brahmanabad e il suo comandante ebbe cura che gli "infedeli"  si convertissero all'Islam o morissero.

Presto venne concesso anche a loro lo stato di dhimmi, in alternativa alle due soluzioni estreme, e ciò avvenne quando gli studiosi musulmani vennero a conoscere l'esistenza dei testi religiosi indù - e i capi indiani riconobbero saggiamente che gli indiani da sterminare sarebbero stati un po' troppi.  Il concetto di popolo protetto era stato infatti esteso, durante la penetrazione islamica in Iran , fino a comprendere gli zoroastriani (conosciuti come Parsi, quando, per sfuggire alle persecuzioni musulmane, si stabilirono nell'India occidentale): non stupisce quindi che agli indù venisse concessa l'analoga possibilità di entrare a fare parte di una seconda categoria in stato di soggezione contro il pagamento di una tassa speciale. Quello che invece stupisce è quanto tempo fu necessario all'Islam per estendersi al di là dei ristretti confini del Sind nelle altre regioni del subcontinente: dobbiamo però tenere presente che non fu il Sind   la piattaforma di partenza della espansione islamica nell'Asia meridionale, perché le principali invasioni islamiche partiranno  non già dalle acque stagnanti del Mare Arabico, bensì dal trampolino afghano del passo di Kyber, e quindi non prima della fine del X secolo."   
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"Nel X secolo l'Islam era molto cambiato dalla fondazione del  califfato "abbaside" (metà circa del VIII secolo), poiché il  potere centrale non veniva più esercitato da Damasco e Medina, ma da Baghdad. Si era arricchito fino a divenire un impero arricchito dalla civiltà persiana e difeso da un esercito di schiavi turchi. Commerci e industrie fiorenti convogliavano a Baghdad ricchezze provenienti da tutto il mondo, ma ben presto l'impero divenne troppo vasto e diversificato, perché un solo califfo (Khalifa "delegato" di Dio) riuscisse a governarlo;  nelle zone periferiche orientale e occidentale cominciarono a sorgere regni indipendenti sotto governanti locali che, con l'XI secolo, assunsero il titolo regale e laico di sultano. Fin dal IX secolo vennero comprati e importati in quantità considerevole schiavi turchi provenienti dall'Asia centrale (mamelucchi), come rinforzo alle armate dei califfi abbasidi, il cui potere stava incrinandosi.  

A partire però dal X secolo intere tribù di turchi, spinti dalla invasione cinese verso Occidente, entrarono in Afghanistan e in Persia. Il primo regno islamico turco venne fondato da Alptigin, un guerriero schiavo di stirpe samanide, che nel 962 riuscì a conquistare la fortezza afghana di Ghazni, dove fondò una dinastia che sarebbe durata almeno due secoli. Suo nipote Mahmud (971 - 1030), conosciuto come "Spada dell'Islam", guidò non meno di diciassette sanguinose incursioni in terra indiana, piombando come un rapace dal suo nido di Ghazni e muovendo le sue jihad con la promessa del paradiso, ma soprattutto con la prospettiva di un ricco bottino."


"Mahmud di Ghazni iniziò le sue scorrerie nel 997, lasciando ogni inverno la sua gelida capitale per scendere nelle pianure del Panjab e distruggere con religioso zelo un numero incalcolabile di idoli nei templi indiani - idoli che, nel suo fervore iconoclasta, vedeva coma abomini agli occhi di Allah - nonché saccheggiare le città indiane di tanti, gioielli, denaro e donne, quanto lui e l'orda della sua cavalleria potevano portare con sé attraverso i passi dell'Afghanistan. Mathura, Kanauj, Thanesvar, Nagarkot e infine anchela favolosa città templare di Somnath, vennero scelti da Mahmud come bersagli da radere al suolo: con le smisurate ricchezze predate, egli trasformò Ghazni in uno dei centri più importanti della cultura islamica dell'XI secolo. Il brillante fisico, astronomo, filosofo, storiografo al-Biruni (nato nel 973) e il grande poeta persiano Firdusi, autore del Sahname, sono solo due tra le eminenti personalità dell'Islam richiamate a Ghazni da Mahmud. Per quanto il cronista di corte 'Utbi magnifichi a dismisura il sultano,  quando rivendica alla spada di Mahmud la distruzione di ben diecimila templi indù nella sola Kanauj, non riesce difficile comprendere la profonda avversione tra indù e musulmani, lasciata come eredità da quelle razzie e che sarebbe rimasta, comunque, anche se i danni fossero ammontati all'1% della cifra riportata dal cronista. Secondo le cronache, ad esempio, nel 1025, la popolazione indù di Somnath sarebbe rimasta impassibile ad osservare l'avanzata del feroce esercito di Mahmud  verso le mura del tempio cittadino, confidando che Siva, il cui miracoloso lingam (simbolo fallico considerato una forma del dio) pendeva sospeso entro un campo magnetico nel recesso del tempio, avrebbe certamente difeso  i suoi adoratori da ogni pericolo. del tempio. Anche qui, probabilmente, il cronista esagera, quando scrive che più di cinquantamila indù furono trucidati quel giorno e che il valore dell'oro e dei gioielli, portati via dal lingam cavo, mandato in frantumi dalla spada di Mahmud, era di oltre due milioni di dinari.   Inoltre, la terribile impressione di quegli attacchi - quale che fosse l'ammontare effettivo prodotto dal loro urto micidiale - venne amplificato ancora più dolorosamente nel ricordo di chi aveva assistito impotente al massacro e alla riduzione in schiavitù di amici e familiari da parte di invasori, che pretendevano di uccidere, rapire e saccheggiare in nome di dio. Prima di morire Mahmud annesse il Panjab, come la provincia più orientale del suo regno."





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