Forse erano necessarie le tetre immagini della città messa in ginocchio dalla peste e non si poteva fare a meno delle scene che raccontano la vita dei giovani nella villa, ma tutto ciò risulta un poco forzato. La parte affascinante del film sono le novelle, dove si rivede la mano maestra dei Taviani che avevamo ammirato in Kaos. Splendidi i costumi di Lina Merli Taviani. Il montaggio è di Roberto Perpignani.
Le novelle sono:
- La novella di Messer Gentil de' Carisendi e Monna Catalina
- La novella di Calandrino
- La novella narrante l'amore tra Ghismunda e Guiscardo, osteggiato dal padre di lei, il duca Tancredi
- La badessa e le brache del prete
- Federigo degli Alberighi
Ecco le scene dei giovani nella villa e nei boschi.
LA NOVELLA DI MESSER GENTILE DE' CARISENDI E MONNA CATALINA
Catalina è la donna lasciata come morta dal marito Niccoluccio, succube della madre, e "resuscitata" dal suo innamorato Gentile, che alla fine sarà premiato perché la donna sceglierà lui.
Vittoria Puccini e Claudio Scamarcio nei ruoli di Catalina e Niccoluccio
LA NOVELLA DI CALANDRINO
Bruno e Buffalmacco si fanno beffe dello sciocco Calandrino, raccontandogli che esiste una pietra chiamata Elitropia che rende invisibile chi la possiede.
Kim Rossi Stuart nel ruolo di Calandrino
LA NOVELLA NARRANTE L'AMORE DI GHISMUNDA E GUISCARDO
Ghimunda sposa un uomo anziano per volontà del padre. Rimasta vedova torna alla casa del padre Tancredi, dove conosce l'aiutante del padre, Guiscardo, e se ne innamora. Tancredi non vuole questa relazione e fa uccidere Guiscardo. Ma viene punito, perché Ghismunda, disperata, si avvelena.
Bravissimo Lello Arena nel ruolo di Tancredi
Michele Riondino è Guiscardo
Kasia Smutniak è Ghismunda.
LA BADESSA E LE BRACHE DEL PRETE
La suora e la badessa Usimbalda sono accomunate dal peccato della carne. Una giovane monaca di straordinaria bellezza, Isabetta, si innamora di un bel ragazzo, conosciuto alla grata del parlatorio. I due giovani trovano modo di incontrarsi e trascorrere piacevoli notti insieme. La relazione viene però scoperta dalle consorelle di Isabetta che invidiose decidono di denunciare la cosa alla badessa Usimbalda, ritenuta donna di santi costumi. Per cogliere Isabetta in flagrante, si appostano vicino alla sua cella e, all'arrivo del giovane, corrono ad avvertire la badessa.
Malauguratamente quella notte la badessa si trova in compagnia di un prete che accoglie abitualmente nel suo letto. Sorpresi dall'arrivo delle monache, i due amanti si rivestono in fretta al buio. Succede così che la badessa si metta in testa, anziché il salterio, le brache del prete. Senza accorgersi dell'errore, si precipita nella cella di Isabetta e sorprende i due amanti abbracciati.
Smascherata, la badessa confessa la impossibilità di resistere agli stimoli della carne e autorizza le monache ad accogliere nella loro cella i loro eventuali amanti ed a godersi la vita.
Malauguratamente quella notte la badessa si trova in compagnia di un prete che accoglie abitualmente nel suo letto. Sorpresi dall'arrivo delle monache, i due amanti si rivestono in fretta al buio. Succede così che la badessa si metta in testa, anziché il salterio, le brache del prete. Senza accorgersi dell'errore, si precipita nella cella di Isabetta e sorprende i due amanti abbracciati.
Smascherata, la badessa confessa la impossibilità di resistere agli stimoli della carne e autorizza le monache ad accogliere nella loro cella i loro eventuali amanti ed a godersi la vita.
Carolina Crescentini è Isabetta
Paola Cortellesi interpreta la badessa Usimbalda
FEDERIGO DEGLI ALBERIGHI
Federico degli Alberigi è caduto in miseria, a forza di spendere per offrire cene e balli, per attirare l'attenzione della bella nobildonna Giovanna. Si è quindi ritirato in un piccolo podere, dove vive solo e va a caccia con il suo amato falcone, ultimo ricordo della sua vita di un tempo.
Il caso vuole che Giovanna, rimasta vedova, venga ad abitare in un podere vicino con suo figlio malato. Il ragazzo è affascinato dal falcone e vorrebbe averlo. Giovanna finge di passare casualmente vicino al podere di Federigo e accetta di fermarsi a desinare. Solo che Federico è povero e non ha niente da offrirle. Decide allora di arrostire il suo amato falcone.
Giovanna è commossa e decide di accettare Federico come marito per la sua nobiltà d'animo, nonostante sia povero.
La Torre Tarugi
Federerigo degli Alberighi con il falcone, interpretato da Josafat Vagni
- Nel Lazio, La basilica di sant'Elia, l'Abbazia di Sant'Andrea in Flumine, il Castello di Montecalvello e il Castello Odescalchi a Bassano Romano
- In Toscana: Villa La Sfacciata e piazza Grande a Montepulciano, il Castello di Spedaletto, piazza del Duomo a Pistoia, la Torre Tarugi a Pienza
UN POCO DI STORIA
"Oltre che dal ritorno delle carestie, la società europea del Trecento fu profondamente segnata da una nuova, inaspettata epidemia. Nel 1348, nel giro di pochi mesi, in tutta Europa si diffuse la peste nera, una terribile malattia infettiva che, nella cosiddetta forma bubbonica, ha un tasso altissimo di mortalità (circa il 90% delle persone colpite) e si manifesta attraverso attacchi di febbre, tremito, vomito, sete, diarrea, macchie cutanee e la tumefazione delle glandole linfatiche dell'inguine e delle ascelle, dove crea i bubboni da cui trae il nome. La diffusione della peste fu improvvisa e rapidissima e gli uomini del tempo non riuscirono a individuare le cause, che sono state scoperte solo in tempi relativamente recenti.
Oggi sappiamo che la malattia si trasmette attraverso un bacillo (chiamato dal cognome del suo scopritore "bacillo di Yersin") trasmesso tramite puntura da pulci parassite del ratto nero. A metà del Trecento questo parassita giunse in Europa dall'Asia lungo le vie carovaniere. Si pensa che sia stato "trasportato" dal Kazakistan, dove focolai di peste sono testimoniati intorno al 1338, da mercanti che, come spesso succedeva, condussero con sé anche ratti annidati in mezzo alle mercanzie. La lmalattia si sarebbe così spostata a Samarcanda, una delle più importanti città commerciali lungo la cosiddetta "via della seta" e da qui a Caffa, un porto sul Mar Nero dove i mercanti genovesi avevano un magazzino per le loro merci. Sembra che proprio costoro abbiano propagato verso Occidente la malattia, che si diffuse, prima a Costantinopoli, poi a Messina e da qui gradualmente in tutta Europa.
Naturalmente tutto ciò era ignoto ai contemporanei. Allora, in mancanza di altre risposte, si interpretava per lo più la peste nera come un castigo divino o come una manifestazione del maligno.
da "Storia medioevale" di Massimo Montanari
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